Più di un anno fa il mondo è stato scosso dai Panama Papers, una grande rivelazione del Consorzio internazionale di giornalisti investigativi. Le informazioni trapelate hanno confermato che i clienti dello studio legale Mossack Fonseca, utilizzato per creare società offshore, avevano intenzioni poco trasparenti nei confronti delle autorità fiscali. Oltre alla possibile evasione fiscale, c’era il rischio di riciclaggio di denaro attraverso tali strutture societarie.
All’inizio di quest’anno un altro gruppo di giornalisti ha cercato di replicare lo stesso successo dei Panama Papers pubblicando file riguardanti Malta. Nonostante ciò, nell’ultimo consiglio d’Europa, Malta è sfuggita per poco dall’inclusione nella lista nera dei paesi a rischio; la Commissione PANA ha evidenziato Malta come una sorta di male assoluto dell’Europa mettendo in discussione le attività anti-evasione messe in atto dalla Commissione Europea da quando l’isola si è unita all’Unione Europea.
L’ondata mediatica contro questa piccola isola mediterranea è stata senza precedenti: articoli e servizi televisivi insistevano sul concetto che Malta fosse un paradiso fiscale, mettendo sotto accusa un’economia costituita da cittadini e imprese attive nel generare PIL per l’Europa e per il proprio Paese.
Il regime fiscale maltese
Malta non è un paradiso fiscale, come spiegato dalle origini del suo sistema fiscale nel 1948 quando era ancora una colonia britannica. Il concetto di “sistema di imputazione” e la “tassazione progressiva” sono alla base della struttura fiscale maltese, che differisce da quella dei veri paradisi fiscali dove le società evitano completamente l’imposizione e mantengono segreti riguardo alla proprietà.
L’adesione di Malta all’UE ha portato a modifiche nella legislazione fiscale per allinearla con gli standard europei, dimostrando un impegno verso la trasparenza e la conformità alle normative internazionali. Le leggi fiscali maltesi si ispirano a modelli presenti in diversi paesi europei come Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna e Germania.
È importante distinguere tra il concetto di essere “non soggetti a tasse”, che indica che uno Stato non ha il diritto di tassare le società, e quello di essere effettivamente tassabili. Malta applica regole fiscali democraticamente approvate dal suo parlamento sovrano, evitando l’evasione fiscale o il riciclaggio di denaro.
In conclusione, Malta può offrire vantaggi fiscali legittimi senza essere considerata un paradiso fiscale vero e proprio. La sua legislazione mira a favorire investimenti sostenibili nel rispetto delle normative comunitarie ed internazionali.
Malta: un paese considerato offshore?
Malta non è un paradiso fiscale. Numerosi tentativi sono stati effettuati per inserire Malta nei lista dei paesi a fiscalità privilegiata, ma tutti falliti. La giurisdizione maltese non ha una fiscalità privilegiata, in quanto l’aliquota massima impositiva applicata alle imprese ed alle persone fisiche è del 35%. Ciò che viene impropriamente identificato come fiscalità di vantaggio (tax refund 6/7), è da inquadrare nell’ambito degli incentivi fiscali che sono riconosciuti a tutte le persone fisiche e giuridiche che decidono d’investire sul territorio maltese. Questa prerogativa è riconosciuta in capo ad ogni Stato membro della Comunità Europea, nell’ambito del rispetto dei parametri Debito/Pil – Deficil/Pil ed è subordinata a scelte autonome dei singoli governi nell’esercizio della propria sovranità fiscale.
Per quanto concerne la trasparenza fiscale Malta rispetta pienamente tutte le direttive. Tutti i dati relativi alle società maltesi sono pubblicati e consultabili sul sito web di Malta Financial Services Authority (Camera di Commercio in Italia). Rispetto allo scambio di informazioni con gli altri Paesi, va precisato che Malta:
– È in regola con lo scambio automatico delle informazioni finanziarie, in base al regolamento denominato Common Reporting Standard elaborato dall’OCSE;
– Ha recepito la direttiva 2011/16/UE, che regola gli obblighi per scambio automatico delle informazioni fiscali previsti per i Paesi facenti parte dell’Unione europea;
– Infine, ha sottoscritto oltre 70 trattati per doppia imposizione con i più importanti paesi dell’OCSE e con tutti gli altri paesi dell’UE. In tutti questi trattati è contenuta la clausola relativa allo scambio di informazioni.
In definitiva, Malta non può essere considerata un paradiso fiscale ma piuttosto un luogo dove vengono offerti incentivi fiscali legittimi nel rispetto delle normative comunitarie e internazionali sulla trasparenza e lo scambio di informazioni finanziarie.
Il meccanismo di restituzione fiscale a Malta (Tax Refund)
Malta non è un paradiso fiscale, ma ha attuato nel passato politiche fiscali che hanno destato l’attenzione dell’Unione Europea. Ad esempio, fino al 2007 era in vigore il regime della International Trading Company (ITC) che consentiva agli azionisti di società specifiche di beneficiare di un’aliquota d’imposta effettiva del 4,17% attraverso rimborsi fiscali basati sui dividendi distribuiti dall’impresa. Tuttavia, la Commissione europea ha richiesto a Malta di eliminare questo regime considerato vantaggioso per conformarsi alle normative comunitarie. A partire dal 2007 è stato introdotto un nuovo sistema di incentivi fiscali basato sull’imputazione per la tassazione dei dividendi.
Malta si è sempre concentrata sugli incentivi alle imprese e sui rimborsi fiscali come strumenti per attrarre investimenti nel paese. Rispetto ad altri Stati membri dell’Unione Europea che possono offrire una vasta gamma di incentivi fiscali, Malta ha reso strutturale il suo sistema di rimborsi fiscali, come ad esempio il famoso rimborso del sei-settimi (6/7) applicabile agli azionisti delle società maltesi.
È importante sottolineare che ogni Stato membro dell’UE ha il potere decisionale autonomo sulle proprie politiche fiscali e sugli incentivi da offrire alle imprese. Ad esempio, l’Italia ha introdotto una tassa forfettaria sul reddito estero per i neo-residenti con alti patrimoni come forma di incentivazione all’insediamento nel paese.
In conclusione, Malta non può essere considerata un paradiso fiscale poiché le sue politiche tributarie sono state riviste alla luce delle direttive europee e mirano a promuovere gli investimenti senza incorrere in pratiche discriminatorie o dannose ai fini della concorrenza nell’UE.